arrow-downarrow-rightburgerchev-downclosedepartmentdownloadexternalglobeloaderlocationloginmagnifiersearchuser facebooklinkedintwitterxingyoutube atbechczdeesfrgbhuieitnlplsk

La silenziosa crisi del procurement e la soluzione per risolverla

In base ai risultati dello studio condotto da Unite in collaborazione con l’università HTWK di Lipsia, è in corso un cambiamento silenzioso ma radicale nel procurement, e la maggior parte delle aziende, pubbliche o private, non è (ancora) preparata.

Persone sedute attorno a un tavolo in riunione

Complessità elevata, risorse limitate 

Il procurement indiretto è stato a lungo sottovalutato e considerato solo una voce di spesa marginale, ma oggi si rivela una vera sfida strategica per le aziende. I volumi crescono, i processi sono frammentati e le richieste di compliance si fanno sempre più pressanti. E ai team viene chiesto di gestire tutto questo con meno persone, meno strumenti e sempre meno tempo. 

Nel settore pubblico le complessità aumentano: nonostante gli investimenti e le direttive per promuovere la digitalizzazione, oltre due terzi degli acquisti pubblici in Europa vengono ancora gestiti manualmente. Le aspettative politiche aumentano, ma soluzioni scalabili e realmente conformi sono ancora difficili da trovare. 

I dati dello studio: il carico aumenta, ma le opportunità non mancano 

Durante un recente webinar organizzato da CPO Magazine, Natasha Gurevich (Founder e CEO di Candor Procurement), Erika Mizun (VP Global Marketing e Brand di Unite) e la moderatrice Victoria Folbigg (CEO di Folbigg Consulting) hanno analizzato la nuova ricerca condotta da Unite insieme all’Università di Scienze Applicate di Lipsia (HTWK). Lo studio, condotto su 181 professionisti del procurement – di cui il 60% operanti nel settore manifatturiero – evidenzia una significativa disconnessione nelle pratiche di acquisto in Europa. I risultati sono sorprendenti e richiedono attenzione. 

La ricerca mette in luce una realtà che fa riflettere: 

  • Le grandi aziende europee (oltre 10.000 dipendenti) dedicano ogni anno ben 19.000 ore alla gestione del procurement. Si tratta di un dato pari all’avere 10 persone a tempo pieno impegnate quasi esclusivamente su attività come gestione delle richieste, sourcing e gestione dei fornitori.  

  • Uno studio condotto da Hackett Group e relativo al periodo 2017-2021 stimava tra le 14.000 e le 15.000 ore per team di dimensioni simili. Ciò significa che in soli quattro anni l’impegno richiesto è aumentato del 30%.  

  • Lo studio di HTWK e Unite evidenzia inoltre come gli obblighi ESG e normativi generino un ulteriore 20% di lavoro aggiuntivo. Eppure, nonostante le richieste crescenti, i team di procurement non dispongono ancora degli strumenti e delle risorse necessarie per affrontare la situazione in modo efficace. 

  • Il dato più allarmante non è solo la mole di lavoro, ma come vengono impiegate le risorse: attività manuali, RFP ridondanti, processi scollegati. Solo il 15% delle grandi aziende ha processi di procurement completamente digitali e integrati.

Il procurement non è più “indiretto” 

Come ha giustamente sottolineato Natasha, definire “indiretto” il procurement può essere fuorviante e rischioso: non si tratta di spese marginali, ma di vere e proprie fondamenta per l’azienda. 

Dal marketing alla gestione degli spazi, dalla logistica alla consulenza, il procurement sostiene l’infrastruttura di qualsiasi business moderno. «In molte imprese il volume degli acquisti indiretti e diretti è ormai quasi equivalente» ha aggiunto. 

Eppure, se gli acquisti diretti sono spesso centralizzati e ben strutturati, quelli indiretti rimangono dispersivi, frammentati e ad alto consumo di risorse. Continuare a considerarli come un aspetto secondario può rappresentare un rischio concreto per la resilienza, la compliance e il valore a lungo termine dell’azienda. 

Immagine dal webinar condotto da CPO magazine sullo studio condotto da Unite e HTWK

La pressione cresce, ma la soluzione esiste

Durante il webinar, Natasha ha raccontato il suo percorso personale: dalla diffidenza all’azione concreta. Solo tre mesi fa non sapeva nemmeno cosa fosse un agente AI, oggi Natasha ne sta già sviluppando diversi. Il suo messaggio ai colleghi? Affrontate le paure, investite nella formazione e abbracciate il futuro. 

Erika ha ribadito che la trasformazione digitale non è solo un cambiamento operativo, ma richiede anche una nuova mentalità alla guida dell’azienda. 

Lo studio dimostra: 

  • Il 40% delle aziende utilizza ancora Excel per gestire le attività di procurement. 

  • Solo il 22% ha scelto un marketplace digitale come metodo principale per gli ordini. 

  • Nonostante l’entusiasmo, l’adozione di AI e blockchain è ancora sotto il 15%.

Il vero problema non è la mancanza di strumenti, bensì di allineamento, di una leadership chiara e di investimenti concreti nelle persone e nei processi. 

Dati principali sui marketplace digitali

“Un secchio che perde” 

Erika ha introdotto una metafora incisiva per descrivere il procurement di materiali indiretti: quella di un secchio che perde. 

Anche quando il processo sembra stabile, il valore rischia di disperdersi attraverso piccole falle e inefficienze. Con l’arrivo di nuove tecnologie, sistemi e fornitori, il “secchio” si riempie di opportunità, ma senza una gestione integrata e una mappatura delle conoscenze, le perdite diventano invisibili e ancora più costose. 

Per le istituzioni pubbliche, sprechi di questo tipo non sono accettabili: con risorse limitate e sotto costante controllo, ogni euro perso per inefficienza riduce il valore che si può offrire alla collettività. 

Soluzioni smart e scalabili come Unite non si limitano a tappare le falle: sono in grado di ripensare il “secchio”, offrendo scalabilità, trasparenza e sostenibilità nel lungo periodo. 

 Il momento di svolta è adesso 

Il carico del procurement non diminuirà. Ma i leader lungimiranti hanno una scelta davanti a sé: adattarsi, oppure rimanere indietro. 

Non si tratta semplicemente di aggiornare un software: è un vero cambio di mentalità, un nuovo modello operativo e una trasformazione culturale che coinvolge sia il settore pubblico che quello privato. 

  • Abbracciare i criteri di ESG non come un peso burocratico, ma come motore di innovazione inclusiva. 

  • Integrare l’AI non come semplice strumento, ma come vero compagno di squadra. 

  • Investire nella formazione delle risorse (e nella tua) per guidare questa nuova era agile del procurement.

«Il progresso entusiasma,» osserva Natasha, «il cambiamento spaventa, tranne chi sa che restare fermi è il vero pericolo».

Copertina dello studio di Unite e HTWK

Insight che fanno la differenza

Scopri i punti chiave e le azioni concrete per rendere la tua strategia di procurement più resiliente, agile e pronta ad affrontare le sfide di domani.